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Produrre valore, progettare futuro: le mPMI italiane tra stagnazione e rinascita possibile

Quadro e riflessioni sulla relazione annuale della Banca d’Italia

Un’Italia in equilibrio precario

La Relazione 2024 della Banca d’Italia e il discorso del Governatore Panetta restituiscono un quadro composito e delicato dell’economia nazionale. Il PIL cresce di uno scarso +0,9%, l’inflazione rientra finalmente all’1,1%, ma il cuore pulsante del sistema economico – la produttività – resta fermo. In un mondo scosso da conflitti geopolitici, dazi, protezionismi e crisi di cooperazione internazionale, l’Italia si muove su un crinale stretto: quello tra resilienza e stagnazione.

Il rischio maggiore? Che si consolidi una forma di sopravvivenza economica fatta di basse ambizioni e immobilismo competitivo. In particolare, nelle imprese di dimensioni più piccole.

Il blocco produttivo delle mPMI

Le mPMI costituiscono il 92% delle imprese italiane e producono oltre il 40% del valore aggiunto. Tuttavia, la loro capacità di innovare, competere ed evolvere rimane limitata da ostacoli strutturali.

Nel 2024:

  • Solo il 20% delle PMI ha adottato strumenti digitali avanzati (come CRM, ERP o AI).
  • La produttività del lavoro cresce dello 0,2% l’anno, contro lo 0,9% dell’Eurozona.
  • Le imprese che innovano crescono del 6,5% annuo, contro l’1,8% delle altre.
  • Le microimprese soffrono maggiormente nell’accesso al credito, nonostante la tenuta del sistema bancario.
  • La diffusione dell’AI tra le imprese è ancora bassa: solo il 6% la utilizza in modo continuativo.


Questi dati rivelano che molte mPMI non riescono a cogliere il vantaggio competitivo che deriverebbe dall’integrazione tra tecnologie, capitale umano e visione manageriale.

Le cause profonde della stagnazione

Il Governatore Panetta è netto nei suoi commenti: l’Italia soffre di una stagnazione ventennale della produttività, dovuta a:

  • basso livello di competenze digitali nei lavoratori, specie over 45;
  • scarsa managerializzazione;
  • inadeguata cultura dell’innovazione;
  • poca propensione al rischio progettuale.


Eppure, non è una condanna. È una chiamata.

Dal processo al progetto: il cambio di paradigma

Qui si innesta l’approccio del Centro Studi ProduttivItalia, che sta lavorando per affermare una nuova idea di produttività: non come mera efficienza operativa, ma come capacità di trasformare la progettazione strategica in valore duraturo.

  • Produrre consapevolmente: la produttività va misurata, contestualizzata, orientata agli obiettivi e non solo ai numeri. Serve formare le imprese per interpretare i dati e tradurli in scelte.
  • Innovare in rete: la piccola impresa non può fare innovazione da sola. È necessario creare ponti tra imprese, professionisti, territori e filiere.
  • Cultura della trasformazione: il passaggio da “fare bene il lavoro quotidiano” a “progettare un’evoluzione” è il punto di svolta. Serve accompagnamento, visione e coraggio.


In un mondo che cambia, l’unica alternativa alla stagnazione è la progettazione.
E la progettazione è produttività.

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