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PMI italiane e trasformazione digitale: serve una nuova consapevolezza per crescere

Una fotografia dettagliata dello stato dell’innovazione nelle PMI italiane ci racconta quanto il digitale sia, oggi, più una potenzialità inespressa che una leva consolidata di competitività. Una sfida collettiva che riguarda imprese, consulenti, istituzioni e territori.

La trasformazione digitale delle PMI italiane è uno di quei temi che da anni occupa le agende di economisti, istituzioni e imprese, ma che troppo spesso resta ancorata a slogan o approcci parziali.
Per questo la nuova ricerca 2024/25 dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano e supportata da Mama Industry in qualità di partner, è così importante: ci consegna una fotografia concreta, aggiornata e complessa, utile per capire davvero cosa sta succedendo nel tessuto imprenditoriale italiano.

PMI: numeri importanti, digitalizzazione fragile

Le piccole e medie imprese italiane rappresentano il cuore produttivo del Paese: pur essendo solo il 5% delle imprese attive, generano il 42% del fatturato nazionale, il 38% del valore aggiunto e danno lavoro a oltre 6,5 milioni di persone. Numeri enormi.

Tuttavia, sul fronte digitale, i dati parlano chiaro: il cambiamento è avviato, ma disomogeneo, discontinuo e culturalmente fragile.

  • Solo il 19% delle PMI ha avviato progetti basati su tecnologie avanzate (AI, Blockchain, Metaverso, etc.).
  • Il 47% ha finanziato la digitalizzazione esclusivamente con risorse proprie.
  • Il 31% non ha alcuna figura dedicata all’area IT.
  • Il 59% è raggiunto dalla connessione FTTH, ma con profonde disuguaglianze territoriali.
  • Il 44% segnala resistenze culturali interne come principale barriera al digitale.

 

Questi numeri vanno letti non come segno di arretratezza, ma come indice di una trasformazione incompiuta, che fatica a diventare sistema.

Il vero nodo: cultura consapevole

Uno degli aspetti più evidenti che emergono dalla ricerca è che la digitalizzazione non è più (solo) una questione tecnologica.

Il punto non è la mancanza di strumenti, ma di visione strategica, competenze e modelli di accompagnamento.
In molte imprese, infatti, la tecnologia è presente ma non integrata. I software gestionali sono diffusi, ma spesso isolati. Le analisi dei dati esistono, ma in forma sporadica. L’intelligenza artificiale è vista più come concetto astratto che come opportunità concreta.

E soprattutto: manca spesso una guida. Il fatto che una PMI su tre non abbia alcun presidio interno o esterno dell’area IT, e che molte altre non ne sentano neppure l’esigenza, è un segnale che non si può ignorare.

Cultura e formazione: assenti ingiustificati

La cultura digitale è la grande assente.
Oltre la metà delle PMI che svolgono attività formative formali non coinvolge Dirigenti o Quadri in attività formative (53%). Il 38% delle PMI ritiene di non avere bisogno di migliorare le competenze digitali del personale e il 30% non svolge alcuna attività formativa strutturata.

Una contraddizione evidente in un contesto in cui la digitalizzazione è spesso vissuta come una minaccia o un obbligo, anziché come un’opportunità di rilancio.
Ma è proprio da qui che occorre partire: senza formazione, senza consapevolezza diffusa e senza un linguaggio comune tra imprenditori, manager e consulenti, nessun processo innovativo può davvero attecchire.

Collaborare per cambiare

C’è però un dato incoraggiante: il 61% delle PMI ha attivato collaborazioni con soggetti esterni per progetti di trasformazione digitale.
La maggior parte si è rivolta a fornitori tecnologici e consulenti. Ancora pochi, invece, i legami strutturati con università, centri di ricerca, startup.

Questo dato è fondamentale, perché conferma che le imprese non possono e non vogliono fare tutto da sole, ma hanno bisogno di un ecosistema che funzioni.
E qui entra in gioco il ruolo di soggetti in grado di porsi come attori in grado di fare da ponte tra visione e operatività, tra bisogni reali e policy pubbliche, tra progettualità e risorse.

Cosa serve adesso

Questa ricerca conferma un principio guida del nostro lavoro: produttività non significa solo fare di più, ma fare meglio e in modo sostenibile.
E non c’è produttività senza digitalizzazione, oggi. Ma non ci sarà digitalizzazione senza cultura, accompagnamento e strategia.

Per questo, alcuni asset individuati per raggiungere ad una “compiutezza”:

  • politiche pubbliche più semplici e mirate, che aiutino davvero le imprese a progettare (non solo a “fare domanda”);
  • percorsi di formazione diffusa e accessibile, rivolti non solo ai tecnici ma anche ai vertici aziendali;
  • consulenze capaci di unire tecnologia, gestione del cambiamento e sostenibilità;
  • infrastrutture digitali e connettività realmente accessibili su tutto il territorio;
  • alleanze pubblico-private, che superino le logiche episodiche e costruiscano comunità di pratica e di valore.

 

Il Centro Studi ProduttivItalia continuerà a monitorare, analizzare e proporre, perché il futuro digitale delle PMI italiane non si costruisce da soli, ma con visione condivisa e responsabilità diffusa.

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